Associazione “Rompi il silenzio”
‘Rompi il silenzio’ nasce nel 2005 come Associazione ONLUS; dopo il corso di formazione (obbligatorio per chi intenda prestare il proprio tempo, in modo volontario, all’interno di un centro antiviolenza), a metà del 2006 le operatrici formate attivano il centralino telefonico a cui le donne possono rivolgersi per informazioni, consigli e, soprattutto, per avere un colloquio.
Ad oggi il Centro è gestito da 14 Operatrici formate, Responsabile di “Casa Melelia” a contratto, 3 Educatrici/Operatrici a progetto; è in corso la V edizione del corso di formazione per nuove volontarie.
In questi 10 anni di attività e con l’apertura della propria sede per l’accoglienza alle donne vittime di violenza, RIS è diventato un Centro Antiviolenza a tutti gli effetti, il solo nella nostra Provincia:
- è inserito nel numero nazionale antiviolenza ‘1522’;
- fa parte del ‘Coordinamento Regionale dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna’ e dell’’Osservatorio Regionale’ per la raccolta dati inerenti la violenza di genere per singolo territorio;
- collabora in convenzione a titolo gratuito con il Comune di Rimini e gestisce lo sportello all’interno de ‘La casa delle donne’;
- ha parte attiva all’interno della ‘Rete antiviolenza Provinciale’ e collabora con FFOO, Servizi Sociali/ Tutela Minori, associazionismo;
- gestisce ‘Casa Melelia’, la casa rifugio che accoglie donne e minori vittime di violenza, (con particolare riferimento alle donne migranti) che devono lasciare il proprio domicilio in situazioni di emergenza;
- propone, organizzando, anche in collaborazione, eventi, conferenze, etc. e tutto ciò che possa sensibilizzare nei riguardi del tema ‘violenza di genere’.
Ecco, in breve, alcune delle nostre attività/finalità:
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Offrire aiuto alle donne vittime di violenza, molestie, maltrattamenti o che vivono il disagio familiare, garantendone l’anonimato, attraverso una relazione significativa con altre donne, per recuperare e restituire autonomia e dignità.
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Sviluppare una forte solidarietà tra donne contro ogni tipo di violenza.
Promuovere la ricerca, il dibattito e la divulgazione dei temi che riguardano la violenza contro le donne, il riconoscimento del loro valore e dell’inviolabilità’ del loro corpo, anche attraverso la proposta di nuove normative.
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Organizzare attività a fini educativi sul tema della violenza.
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Promuovere momenti e luoghi di incontro, di ascolto, di comunicazione, di scambio di esperienze, di solidarietà tra donne.
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Fornire i dati relativi al fenomeno violenza (Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza e altri soggetti).
I servizi offerti dal centro:
- colloqui telefonici per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni;
- colloqui d’accoglienza; si svolgono (concordando in base ai tempi ed alle esigenze espresse dalla donna) con una o due operatrici, che instaurano con la donna stessa una relazione di fiducia basata sull’empatia e sul riconoscimento della centralità del suo vissuto. Durante i colloqui si elabora un possibile progetto di uscita dalla situazione di violenza, attraverso l’analisi della violenza e la valorizzazione delle risorse sia della donna che del territorio (rete parentale, amicale, sociale);
- colloqui informativi di carattere legale sugli strumenti giuridici cui la donna può far ricorso per tutelare i propri diritti;
- sportello lavoro (progetto in collaborazione e con il contributo della Regione Emilia-Romagna): colloqui di orientamento, definizione delle competenze, redazione curriculum e contatti con referenti esterni per l’occupazione (Centri per l’Impiego, etc.);
- presa in carico in protezione.
La metodologia
La metodologia del Centro Antiviolenza è assolutamente specifica e l’impostazione è diversa da quella di qualsiasi altro servizio offerto dalla ‘Rete antiviolenza’. La relazione tra donna ed operatrice del Centro si fonda sulla gratuità e sul rispecchiamento reciproco, essendo basata sulla libera scelta della operatrice volontaria e sulla libera scelta della donna che si rivolge al Centro: è questa forte motivazione, questo scegliersi non mediato dal denaro o da un affidamento basato sulla disparità, che conferisce senso e significato al percorso comune che si va ad iniziare. Proprio per questo motivo è necessario il coordinamento con la rete territoriale dei servizi, il cui intervento è ispirato ad altri princìpi e metodologie: vengono attivati affiancamenti, qualora la donna lo richieda, con Forze dell’Ordine, strutture sanitarie, assistenti sociali, Consulta Immigrati o altri soggetti.. La collaborazione tra servizi e strutture diverse costituisce un presupposto fondamentale per realizzare una rete integrata di sostegno indispensabile alla donna, al fine di costruire efficaci strategie di uscita dalla situazione di violenza.
Solo su richiesta della donna può essere attivato un servizio di consulenza psicologica.
In ogni caso, le modalità di intervento con e sulla donna, dovranno essere necessariamente basate su:
- Garanzia della riservatezza e dell’anonimato
- Assenza di giudizio, pregiudizio
- Attivazione solo su richiesta della donna interessata
- Rispetto della donna e delle sue scelte
- Utilizzo esclusivo di personale femminile
- Contestazione del “ruolo” di vittima
- Instaurazione della relazione tra donne come reciproco arricchimento e “rispecchiamento”di autorità.
Il profilo di coloro che hanno richiesto aiuto nel 2015
Le nuove utenti di Rompi il Silenzio, dal 01/01/2015 al 31/10/2015, sono state 117, in aggiunta alle 30 donne già seguite nel 2014 che hanno proseguito il percorso di uscita dalla violenza: in totale, gli accessi sono stati quindi 147.
La casa di ospitalità, ‘Casa Melelia’, è un appartamento nel quale vengono accolte donne (prioritariamente migranti), con o senza figlie/i, che hanno la necessità di lasciare con urgenza le loro case in seguito a situazioni di violenza intrafamiliare. La durata massima prevista per la permanenza in questa struttura varia a seconda delle situazioni, prevedendo un massimo di 180 giorni, rinnovabili qualora il progetto non sia concluso. Sino al 31 ottobre 2015 le donne ospitate sono state 7 di cui: 4 in emergenza e 3 in ospitalità “ordinaria”, con 3 minori, per un totale di 928 notti di permanenza in struttura (470 per il numero totale delle donne, 458 per il numero complessivo dei minori).
Durante la permanenza in casa, le donne hanno lavorato insieme alle operatrici, per iniziare in un luogo protetto un progetto di ricostruzione della propria autonomia personale, sociale e lavorativa.
Come abbiamo visto, la principale attività del Centro è il lavoro di accoglienza e di ospitalità alle donne vittime di violenza nelle relazioni di intimità: i dati di anno in anno ci parlano di una situazione sempre più complessa e difficile da reggere senza un adeguato supporto pubblico, dal momento che, sostenere adeguatamente chi aiuta le vittime, è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei governi locali e nazionale.
In base alle indagini condotte negli anni precedenti, risulta tendenzialmente stabile nel tempo il profilo anagrafico di chi si rivolge a una Casa o a un Centro antiviolenza: si tratta perlopiù di donne tra i 30 e i 49 anni, prevalentemente coniugate o conviventi, l’80% con figli/e, e una scolarità medio alta. C’è un dato di fondo che si ripete in oltre l’80% dei casi, e cioè che la violenza è compiuta da un partner (fidanzato, convivente, marito) o un ex: una figura dunque nota.
Le tipologie di violenza maggiormente riscontrate
Sono, in ordine decrescente quella
- psicologica (104 casi),
- fisica (67),
- economica (42),
- sessuale (24).
È il caso di precisare che i numeri sopra citati, se sommati, totalizzano un numero ben superiore a quello dei nuovi casi presi in carico (117): questo perché la tipologia trasversale di violenza più frequente, ovvero quella familiare o domestica che dir si voglia, è un contenitore in cui si manifestano contemporaneamente diverse forme di violenza.
Si sottolinea inoltre, senza però voler trarre alcuna conclusione, come la violenza sessuale sia riscontrata in un numero di casi molto minore di quanto sarebbe prevedibile, considerato che gli studi e la letteratura in materia sono concordi nell’affermare che nella violenza familiare e domestica (che costituisce la maggioranza dei casi) la violenza sessuale, ovvero il rapporto coniugale imposto, è molto frequente.
Tra i nuovi accessi, le utenti di nazionalità italiana sono state 81, quelle straniere o migranti 35, mentre è presente una donna che non ha comunicato la propria provenienza.
La maggioranza relativa delle donne straniere proviene dai paesi dell’Est europeo; a seguire le donne africane, che provengono in maggioranza dal Maghreb, le donne latinoamericane, le asiatiche, le donne provenienti dalla Comunità Europea. Considerando l’entità della presenza dei gruppi asiatici (in particolare della comunità cinese e bengalese), vale la pena sottolineare la loro scarsa rappresentazione fra le donne accolte, segno di un maggiore isolamento e chiusura di queste comunità.
Ma cosa chiedono le donne ai centri antiviolenza? Nel 2015 e per quanto riguarda Rompi il Silenzio, in oltre la metà dei casi, hanno richiesto prioritariamente di potersi aprire liberamente, ottenere informazioni e consigli e di potersi confrontare con altre donne. In 48 hanno ricercato consulenza o assistenza legale, in 8 supporto psicologico, in 7 opportunità di formazione o lavoro. In 4 casi si è riscontrata la necessità di ospitalità in emergenza, e in 3 di ospitalità non in emergenza. 5 donne hanno manifestato come bisogno prioritario quello di un’abitazione. Come nel 2014, soltanto 2 donne hanno richiesto aiuto economico, e una sola la partecipazione a gruppi di sostegno.
Gli autori delle violenze
Fra gli autori di violenza prevale in modo deciso la figura del (ex)partner, una categoria all’interno della quale rientrano: coniuge, convivente fidanzato/amante ed “ex”; a seguire i familiari e i parenti, gli amici e i conoscenti.
Nella quasi totalità dei casi si tratta di violenze agite da persone che la donna conosce. Un fatto oramai risaputo che distingue la vittimizzazione femminile da quella maschile, tanto in relazione all’esercizio di violenza, quanto in relazione all’omicidio
Da anni sentiamo la necessità di muoverci nei contesti formativi, ed anche di raggiungere la cittadinanza della nostra Provincia, per far conoscere il fenomeno della violenza, le sue caratteristiche e le strategie di contrasto, per diffondere la cultura della non violenza contro le donne e per far conoscere atteggiamenti di misoginia radicati nella quotidianità.
L’appartenere a generi differenti, l’essere maschio e l’essere femmina necessita di un momento, di uno spazio per potere riflettere, per potere esplicitare le proprie esigenze, per potersi riconoscere, ascoltare e valutare. L’identità di genere è un percorso lungo e complesso, è un processo di acquisizione consapevole del ruolo socio-culturale attribuito al nostro esistere, in primis, come corpo sessuato. Questo percorso inizia fin dalla nascita per poi svilupparsi e diventare significativo nell’età dell’adolescenza e successivamente in età adulta.
La scuola, oltre alla famiglia e alla società, è uno spazio di apprendimento e anche di importanti relazioni per la vita di ciascuno/a, di maschi e femmine. È proprio nella scuola che ragazzi e ragazze hanno la possibilità di confrontarsi, di porsi in relazione tra pari, ma anche con il mondo degli adulti rappresentato, in questo caso, dagli insegnanti.
Da qui, la necessità di porre l’attenzione sui vissuti di ciascuno/a, di valorizzare le differenze, di promuovere consapevolezza sui diversi modi di essere, di sostenere una sempre maggiore responsabilità verso le proprie scelte al fine di individuare una possibilità di scambio, confronto e incontro tra i due generi. Ecco quindi la necessità di intervenire progettando moduli formativi per ragazzi e ragazze al fine di offrire loro non soltanto nozioni informative, ma soprattutto occasioni di scambio, di confronto ed anche strumenti per individuare quei campanelli d’allarme all’interno di una relazione d’amore, che consentono di affrontare con maggiore consapevolezza il problema della violenza alle donne.
In questi anni, inoltre, abbiamo cercato di raggiungere il maggior numero di ‘spettatori’ possibili organizzando conferenze sul tema, spettacoli, eventi, ma anche momenti di aggregazione meno consueti (cene, aperitivi, flash-mob, ‘Notte bianca dei Centri’) che hanno permesso di far conoscere il Centro e confrontarci su come affrontare il tema della violenza nel nostro territorio.
I Centri Antiviolenza come il nostro credono nella forza delle parole, nello scambio di energia che creano, nel circuito virtuoso di azioni e reazioni che mettono in moto. Noi tutte crediamo che sia importante, qui ed oggi, in un giorno qualsiasi, mettere ancora una volta in parole il concetto che le donne non sono sole nella loro battaglia. Che dalla violenza si può uscire. Noi ci siamo e siamo al loro fianco.