Associazione Rumori sinistri
L’associazione di volontariato Rumori Sinistri nasce nel 2005 a Rimini, all’interno dell’importante esperienza di autogestione dello spazio sociale Laboratorio Paz, e opera localmente nel settore culturale e della promozione dei diritti di cittadinanza contro ogni forma di discriminazione, con progetti attivi rivolti alla cittadinanza migrante, ai lavoratori e alle lavoratrici gravemente sfruttati dall’industria turistico/stagionale nonché alle culture e arti in genere. È attiva e sviluppa progetti di ricerca e di inchiesta e percorsi/interventi di comunità, attraverso azioni di sensibilizzazione, denuncia, mediazione sociale e campagne informative. A partire dal 2013 ha iniziato un percorso partecipato intorno al nodo del diritto all’abitare, in risposta alla crescita costante di homeless nel territorio e all’emergenza sfratti. È nato così lo “Sportello per il diritto all’abitare” in collaborazione con l’O.S. ADL Cobas Emilia Romagna.
Da otto anni l’associazione gestisce lo Sportello Migranti, un servizio di consulenza e informazione per i cittadini migranti, finalizzato a diffondere anche tra i cittadini stranieri un’interpretazione consapevole delle implicazioni politiche ed economiche che stanno alla base delle legislazioni sull’immigrazione. Lo Sportello Migranti, grazie alla collaborazione con ADL Cobas E.R., si è implementato creando, 3 anni fa, lo “Sportello Diritti per tutti” orientamento/consulenza/informazione su lavoro/precarietà, salute, discriminazioni, immigrazione.
Dall’anno 2010 l’associazione è in rete con il Progetto Regionale “Oltre la strada”, un sistema di interventi complesso per la lotta alla tratta e alle forme di grave sfruttamento. In particolar modo attento all’area finalizzata all’emersione di potenziali vittime di grave sfruttamento lavorativo (sperimentazioni per il primo contatto negli ambiti dello sfruttamento lavorativo, del badantato, dell’accattonaggio; potenziamento della rete a bassa soglia di “punti di segnalazione” di potenziali vittime).
L’associazione è molto attiva anche nel campo culturale con la promozione di cineforum, rassegne e presentazioni di libri, mostre fotografiche e sport.
Nel marzo 2012 ha aderito alla Campagna “Gioco anch’io”, e insieme al comitato antirazzista cittadino “Riminesi Globali contro il razzismo”, ha intrapreso un nuovo percorso dedicato allo sport, in particolar modo al calcio sociale, attraverso la costituzione di una squadra di calcetto antirazzista, Autside Social Football, composta da attivisti, volontari e giovani migranti e rifugiati accolti nei progetti territoriali, che è poi diventata Polisportiva AutSide.
Nell’ottobre del 2015 l’associazione ha vinto l’istruttoria pubblica per l’assegnazione dello spazio Sociale CASA MADIBA NETWORK. Il 23 dicembre del 2015, a seguito di alcune importanti iniziative intorno al nodo del diritto all’abitare (blocco degli sfratti, riutilizzo e occupazione di strutture pubbliche e private in stato di abbandono, come l’esperienza del Villino Ricci Rigenerato), l’associazione ha vinto una seconda istruttoria pubblica per la gestione del progetto “Emergenza freddo”. È nata così la “CASA D’ACCOGLIENZA DON ANDREA GALLO #perlautonomia”, un’esperienza di ricerca e innovazione intorno all’emersione di nuove povertà e degli homeless, che mira al superamento delle politiche emergenziali e dei dormitori, attivando il contesto sociale e la cittadinanza solidale, affinché si possa sperimentare il superamento della temporaneità ed emergenzialità, che oggi permane nei servizi che si occupano di nuove povertà e disagio/emergenza abitativa e per l’istituzione di un nuovo welfare, incentrato sull’autonomia della persona e sui suoi bisogni specifici.
La sede operativa dell’associazione è in via Dario Campana n. 59/F presso lo spazio sociale Casa Madiba Network, dove si svolgono anche gli Sportelli, tutti i Martedì e Mercoledì pomeriggio dalle ore 16.30 alle 19.30 e il Giovedì dalle 10.30 alle 12.30.
Attraverso l’attività dello “Sportello per il diritto all’abitare”, attivato a partire dall’ottobre 2014, siamo entrati in contatto con circa 100 homeless/sfrattati, la stragrande maggioranza cittadini migranti e/o rifugiati.
Il passaparola fra le persone ci ha aiutato ad incontrare nuove persone in transito o presenti stabilmente nel territorio. L’impressione generale è che i progetti del cosiddetto piano per l’emergenza profughi, non siano efficaci e risultino essere incubatori di futuri homeless.
Gli homeless sono oggi infatti diversi migranti e rifugiati che hanno terminato i percorsi di accoglienza o che non sono mai stati inclusi in essi, oppure che dopo aver perso il lavoro, hanno perso anche il permesso di soggiorno e contemporaneamente la casa, grazie alla Legge Bossi/Fini; sono i working poors (cresciuti del 50% dal 2008 al 2013) che percepiscono stipendi sotto la soglia di povertà o hanno lavori stagionali scarsamente retribuiti e/o retribuiti con i voucher e privi di ammortizzatori sociali grazie al Jobs Act; sono persone sfrattate dopo essere transitate per qualche mese in un residence ed in questo caso, spesso, si registrano interi nuclei familiari; sono homeless di lungo periodo o persone in situazioni di disagio (alcolisti, psichiatrici e tossicodipendenti); persone che nelle graduatorie delle case popolari non accederebbero mai perché non hanno i requisiti sufficienti.
La stragrande maggioranza di homeless che abbiamo incontrato sono uomini molto giovani provenienti dai paesi dell’Africa Subsahariana (Mali, Somalia, Gambia, Ghana), perlopiù usciti dai progetti dell’Emergenza Profughi; altri invece hanno perso i documenti e la casa dopo la perdita del lavoro; fra loro anche asiatici, perlopiù afgani e bengalesi. Per quanto riguarda gli italiani, l’età anagrafica è più alta (mediamente intorno ai 45/50 anni di età); segnaliamo una netta maggioranza di uomini, con situazioni di disagio socioeconomico accompagnate da sofferenza psicologica, depressione, e alcoolismo. Le donne, pur in numero minore, presentano le stesse problematiche e spesso provengono da situazioni di violenza di genere interna alla famiglia di origine o a relazioni con uomini alcolisti e violenti. Alcuni homeless italiani incontrati sono ex detenuti. Mentre per i migranti la strada è il prodotto delle politiche emergenziali sul tema delle migrazioni, per quanto riguarda gli italiani notiamo che spesso la condizione sociale è causata da un insieme di fattori che si sono sommati. A volte basta la perdita della moglie o del lavoro perché abbia inizio la caduta verso il disagio più violento. Non solo la perdita del lavoro quindi, ma anche i legami famigliari, carcere e molti disagi dovuti a sofferenze di tipo psichiatrico, nonché da dipendenze patologiche (alcool, gioco, ecc.).
I principali problemi di salute sono legati all’alimentazione, all’igiene personale difficile (se si vive in contesti marginali e di abbandono privi di luce, acqua e riscaldamento), patologie a carico dell’apparato respiratorio; insonnia. Sempre più diffusi tra i giovanissimi rifugiati e profughi è la sofferenza di tipo etnopsichiatrico derivante spesso da cattivi rapporti con la famiglia nel paese di origine (richiesta di denaro, ecc.) o da pratiche di magia o stregoneria (presenti in alcuni paesi dell’Africa Subsahariana). In diverse situazioni sono stati effettuati colloqui con persone in carico ai servizi dell’AUSL (maternità difficili, Ser.T, CSM, progetti antitratta, Oncologia) che si sono attivati solo dopo un nostro intervento. Ci sono inoltre diversi homeless con malattie gravi come tumori o conseguenti alle dipendenze patologiche (cirrosi epatica), diversi disabili non deambulanti (incontrati una donna e due italiani). Segnaliamo inoltre che le condizioni di estrema povertà si accompagnano anche all’impossibilità delle cure odontoiatriche (diverse le persone con disturbi dentali gravi) o dei controlli alla vista (diverse le persone assistite in questo senso grazie alla presenza di una volontaria ottica). Inoltre i continui tagli alla spesa sociosanitaria imposti dalle politiche di austerità, stanno di fatto impedendo l’accesso alle cura a tantissime persone, quelle più fragili e vulnerabili come gli homeless, i migranti, ma anche gli stessi cittadini comunitari.
Il nostro intervento si basa su un sistema integrato di azioni capaci di dare risposte immediate a partire dalla necessità di trasformare i bisogni emersi in uno spazio di nuovi diritti da conquistare. Alle attività dello “Sportello per il diritto all’abitare”, al blocco degli sfratti, agli incontri specifici con le funzionarie comunali dello Sportello Sociale, si affianca un’azione pubblica di emersione e denuncia, nonché il monitoraggio delle strutture abbandonate nel territorio, affinché siano rigenerate e riutilizzate per rispondere all’emergenza abitativa. Dal dicembre del 2015 gestiamo il progetto per l’Emergenza Freddo denominato “Casa di Accoglienza Don Andrea Gallo per l’autonomia”, un progetto che si pone l’obiettivo non solo di fornire un ricovero notturno durante i mesi invernali, ma anche quello di promuovere l’inclusione sociale attraverso progetti complementari; l’attivazione di relazioni tra gli altri spazi della città e le altre associazioni del quartiere e dell’intero territorio riminese; l’offerta di attività sociali, culturali e sportive a cui dedicarsi per una propria crescita personale e un miglioramento complessivo della condizione di vita verso la piena dignità personale. Fondamentale è l’apporto della cittadinanza solidale e dei volontari dell’associazione.
Siamo per il superamento della logica emergenziale e temporanea dei dormitori, per questo abbiamo attivato tutte le risorse con le quali siamo già in contatto affinché si possa utilizzare al meglio lo spazio a disposizione attraverso il Percorso Partecipato Madi_Marecchia che coinvolge vicini, urbanisti, educatori, sociologi, legali. Percorso che tenendo conto dei reali bisogni degli homeless accolti nella Casa Don Andrea Gallo, ha ripensato la funzionalità degli spazi ed una loro riorganizzazione.
La casa è uno dei diritti primari di ogni essere umano, senza il quale difficilmente si può pensare ad un reale percorso verso la piena autonomia, per questo sarà nostro compito chiedere al Comune di Rimini una proroga alla convenzione per lo spazio di via De Warthema che scadrebbe a metà aprile 2016. Dove andrebbero gli attuali 42 ospiti della casa? Non torneranno di certo a vivere negli angoli nascosti e dimenticati della città.