Analisi dei dati di tutti i Centri di Ascolto presenti in diocesi

Premessa

Sul territorio della Diocesi di Rimini sono presenti 56 Centri di Ascolto Caritas, compreso quello della Caritas diocesana in via Madonna della Scala 7.

Rimini è la diocesi di Italia con il numero più alto di Centri di Ascolto collegati in rete tra loro, attraverso un sistema informatico; questo garantisce una comunicazione diretta tra i vari volontari e fa sì che le persone in difficoltà vengano seguite, in modo attento e scrupoloso, ciascuna secondo la propria parrocchia di domicilio.

Nel 2015 è aumentato il numero dei volontari che hanno deciso di donare il proprio tempo alla Caritas, sono circa 80 in più rispetto al 2014, per un totale di circa 900 persone che, con generosità, dedicano le proprie competenze a servizio dei poveri.

Diminuisce il numero delle persone incontrate

Sono 6.079 le persone incontrate dalle Caritas presenti su tutto il territorio diocesano, 1.376 in meno rispetto al 2013. Questo andamento si è riscontrato nella quasi totalità dei Centri di Ascolto presenti in diocesi, ma anche a livello regionale e nazionale come dimostrano i dati di Caritas Italiana.

Gli unici Centri in cui l’andamento è stato inverso, cioè che si è riscontrato un aumento di persone sono: Fontanelle di Riccione (78 nel 2015 contro 69 nel 2014), Riconciliazione (69 nel 2015, contro 40 nel 2014), Mondaino (52 nel 2015 contro 45 nel 2014) e Montescudo (47 nel 2015, contro 41 nel 2014); nella maggior parte dei casi si tratta di Centri situati in zone periferiche o dove sono presenti importanti stabili di case popolari.

La diminuzione dei dati potrebbe far pensare ad una situazione economica di ricrescita del nostro Paese e ad un ritorno di condizioni di benessere sulla popolazione. È bene però considerare in modo approfondito le caratteristiche anagrafiche delle persone incontrate e analizzare gli andamenti delle diverse variabili.

Il disagio dei marocchini, le difficoltà degli italiani e dei profughi

Le persone incontrate nel 2015 erano, per il 64%, già conosciute dagli operatori Caritas, si tratta cioè di individui che sono in una situazione di povertà da diverso tempo, 30 di questi erano stati incontrati addirittura nel 1999, ma la maggior parte si è presentata in Caritas per la prima volta negli ultimi tre anni.

L’aumento dei “ritorni” è stato registrato in tutte le Caritas parrocchiali (eccetto quella interparrocchiale di Sant’Agostino e San Girolamo, dove i nuovi rappresentano l’81%), in sette Caritas i “ritorni” sono oltre l’80%: Interparrocchiale di Spadarolo-Vergiano (89%), Cristo re (87%), Corpolò (86%), San Giovanni in Marignano (85%), Misano (84%), San Vito (81%) e Villa Verucchio (80%).

Questo implica che coloro che sono caduti in una situazione di povertà, difficilmente sono riusciti a tornare ad una realtà di benessere in breve tempo. In particolare quelli che risultano essere prevalentemente in una situazione di stallo da maggior tempo, sono i marocchini. Il 71% dei marocchini incontrati nel 2015, si erano già rivolti infatti alle Caritas della diocesi in passato. Nel 52% dei casi si tratta di donne che si indirizzano alle Caritas per chiedere aiuto per la famiglia e i propri figli; tra gli uomini invece prevalgono coloro che vivono soli o con amici e che hanno rispedito le mogli in patria perché rimasti da tempo senza occupazione. Sono quegli uomini immigrati negli anni ’80, che sono stati tra i primi ad aver perso il lavoro nel momento in cui è iniziata la crisi e ora si rifiutano di tornare in patria a mani vuote.

Anche gli albanesi risultano essere in serie difficoltà da diverso tempo: il 69% di essi si erano già infatti presentati alle Caritas in passato e sono tornati nel 2015 perché privi di reddito, in quanto disoccupati. Anche in questo caso, per il 70% si tratta di donne, mamme e mogli di famiglia.

Considerevole anche la presenza di italiani che da diversi anni si rivolgono alle Caritas, sono il 62% di tutti gli italiani incontrati nel 2015. Sono di poco superiori gli uomini (55%). Il 28% ha tra i 35 e i 44 anni, ed il 24% tra i 65 e i 74 anni, si tratta cioè in prevalenza di adulti e anziani che sono in difficoltà da diversi anni. Il 33% è celibe, il 26% coniugato.

 

Rispetto alle persone incontrate per la prima volta nel 2015, il 36% è rappresentato da italiani, per la maggior parte uomini (63%), tra i 45 e i 54 anni, per il 40% celibi e per il 30% separati o divorziati.

Rispetto agli stranieri incontrati per la prima volta nel 2015, la percentuale più alta è rappresentata dai nigeriani (il 50% dei nigeriani incontrati nel 2015) e da coloro che negli ultimi anni hanno avuto un permesso di asilo politico o protezione sussidiaria (bengalesi, pakistani, egiziani, tunisini, afgani) ma, terminati i progetti di “emergenza”, si sono ritrovati in strada e in giro per l’Italia alla ricerca di un posto dove dormire, mangiare e di un lavoro. Significativa anche la percentuale dei senegalesi che, per la prima volta, si sono rivolti alle Caritas nel 2015, trattasi del 42% della suddetta nazionalità.

Altrettanto degna di rilievo la presenza di ucraini incontrati per la prima volta nel 2015, sono il 38% degli utenti della stessa nazione; questi nuovi ingressi sono dovuti principalmente all’instabilità politica dello Stato. Trattasi prevalentemente di donne intorno ai cinquant’anni.

La povertà colpisce sempre di più gli uomini

Il numero degli uomini ha superato, per la prima volta quello delle donne. Se in passato infatti erano le donne quelle che, per la maggior parte, si rivolgevano ai Centri di Ascolto per chiedere aiuto, in quanto madri di famiglia o donne dell’est che avevano perso il lavoro; oggi quelli più in crisi sono gli uomini. Sono in gran parte celibi, separati o divorziati; spesso la separazione è susseguita alla perdita del lavoro e alla stagnazione di una situazione di disoccupazione. Nella misura in cui un uomo non ha più un lavoro, e non riesce a trovarlo nonostante le diverse ricerche, incorre spesso nel rischio della perdita la propria autostima, della propria dignità, del sentirsi inutile e di cadere in due atteggiamenti: apatia, depressione, sconforto oppure dipendenza da gioco, da alcol, o da sostanze, con il pericolo di far scaturire violenze e litigi in famiglia. La famiglia e le reti amicali in un primo momento resistono, ma quando la situazione diventa insostenibile iniziano le fratture, le disgregazioni e ci si ritrova soli.

Per quel che riguarda la cittadinanza straniera non c’è molta differenza tra la presenza maschile e quella femminile, in quanto i primi rappresentano il 48% e le seconde il 52%; per gli italiani, invece, il distacco è molto più alto infatti gli uomini sono il 58% e le donne il 42%.

È importante sottolineare che l’affluenza maschile non è uguale in tutti i Centri della diocesi, gli uomini infatti sono più numerosi nella Caritas diocesana, nell’interparrocchiale di Riccione e presso il centro San Pio V di Cattolica, cioè in quelle Caritas dove è possibile farsi una doccia, avere un posto letto e poter mangiare cibi caldi già pronti. Sono però aumentati anche in realtà più piccole e di paese come: San Vito, Mondaino, Sogliano e nelle Caritas di Gesù Nostra Riconciliazione e La Resurrezione. Questo è un segnale evidente che gli uomini sono in una condizione di disagio più estrema rispetto alle donne.

Più colpiti dalla povertà gli adulti tra i 35 e i 44 anni

Aumenta il numero delle persone che si sono rivolte alle Caritas presenti in diocesi, con un’età tra i 35 e i 44 anni. In particolare appartengono a questa fascia d’età uno straniero su tre e un italiano su quattro. Gli italiani infatti sono più presenti nella fascia d’età successiva, quella cioè che va dai 45 ai 54 anni. Questa diversità è da attribuirsi al fatto che spesso gli stranieri vengono in Italia per aiutare la propria famiglia e cercare un lavoro, quindi è abbastanza ovvio che abbiano in gran parte tra i 35 e i 44 anni, perché in quel periodo della vita spesso si è formata una propria famiglia e si è alla ricerca di un reddito per mantenerla.

Gli italiani invece sono in prevalenza più anziani perché spesso cadano in povertà proprio nel momento in cui avvengono delle fratture in famiglia: muoiono parenti stretti che fino a quel momento sono stati punti di riferimento, avvengono separazioni, divorzi. Inoltre, superati i 50 anni di età, nella misura in cui si è perso il lavoro, diventa più difficile trovarlo e reinserirsi nel mondo professionale e la Caritas può diventare l’unico punto di riferimento.

 

Rispetto al sesso le donne sono per il 21% tra i 25 e i 34 anni, per il 26% tra i 35 e i 44 e per il 22% tra i 45 e i 54; gli uomini invece sono per il 29% tra i 35 e i 44 anni e per il 26% tra i 45 e i 54.

È da precisare che spesso le donne che si rivolgono alla Caritas vengono per conto dell’intero nucleo familiare, hanno figli piccoli o in età scolare, è quindi naturale che risultino leggermente più numerose nella fascia d’età più giovanile, rispetto agli uomini.

 

Negli ultimi anni si sta riscontrando un aumento di persone anziane che si rivolgono alla Caritas, nel 2015 sono state 416 persone dai 65 anni in su, pari al 7% sul totale. Per quel che riguarda i singoli Centri di Ascolto si è riscontrato un aumento di persone anziane soprattutto nella Caritas diocesana e nelle Caritas di: Colonella (32%), San Giovanni Battista (21%), Fontanelle di Riccione (18%), San Giovanni in Marignano (16%) e San Lorenzo di Riccione (15%).

In alcune parrocchie si è fatta la scelta di portare pasti caldi o pacchi viveri a domicilio, per andare incontro alle esigenze delle persone più anziane e malate. Alcuni di questi servizi vengono svolti in convenzione con i Comuni o in collaborazione con altre associazioni del territorio.

Aumentano gli italiani in situazione di povertà

Il numero degli stranieri tende a diminuire sempre di più, mentre la presenza degli italiani è cresciuta passando dal 20,5% del 2010 al 34,3% del 2015 con 2.088 unità (pressoché stabile a livello numerico a partire dal 2013, anno in cui è iniziato l’aumento).

La diminuzione degli stranieri è dovuta prevalentemente ai rientri in patria e agli spostamenti in altre città di Europa, la crescita degli italiani invece è motivata dalla mancanza di lavoro, ma non solo. Per comprendere meglio è interessante considerare le problematiche emerse durante i colloqui ai Centri di Ascolto, con gli italiani e con gli stranieri.

Problemi Italiani % sugli italiani stranieri % sugli stranieri
Problemi economici 2.387 114.3 4.084 103.5
Problemi di occupazione/lavoro 1.949 93.3 3.692 93.6
Problematiche abitative 1.179 56.5 2.128 53.9
Problemi familiari 1.263 60.5 892 22.6
Problemi legati all’immigrazione 7 0.3 810 20.5
Problemi di salute 421 20.2 264 6.7
Altri problemi 456 21.8 230 5.8
Problemi di istruzione 20 1 450 11.4
Handicap/disabilita’ 193 9.2 50 1.3
Dipendenze 172 8.2 62 1.6
Detenzione e giustizia 124 5.9 67 1.7
Totale 8.171 391.3 12.729 322.7

Come evidenzia la tabella le difficoltà riscontrate dagli italiani vertono su diversi argomenti: oltre ai problemi economici e occupazionali, sussistono, per oltre il 60% degli italiani, problemi di tipo familiare (relazioni conflittuali, separazioni, divorzi, abbandoni, violenze, difficoltà nel gestire familiari ammalati o bambini piccoli, morti di parenti che spesso erano l’unica fonte di reddito oltre che l’unico legame affettivo). Seguono problematiche relative all’abitazione (607 italiani sono privi di abitazione, altri invece faticano nel pagare l’affitto, sono a rischio sfratto o non riescono a svolgere lavori di manutenzione). Nella voce “altri problemi” è diffuso il termine “solitudine” (315 italiani hanno dichiarato di essere in questa condizione).

Un italiano su 5 ha problemi relativi alla salute e non riesce a curarsi per problemi economici o comunque fatica nel trovare un lavoro non essendo in perfetta forma fisica, a questi si aggiungono anche coloro che hanno delle disabilità (il 9% degli italiani).

Rispetto agli anni precedenti, cresce il numero degli italiani con problemi relativi a dipendenze e quelli con un trascorso in carcere. In queste situazioni il reinserimento nella società è sempre più difficile; non solo perché il mondo esterno ha perso fiducia in te, ma anche perché tu stesso devi ricostruirti una propria autostima. Diversi giovani italiani arrivano presso le Caritas di Rimini in attesa di essere inseriti in comunità terapeutiche e raccontano storie drammatiche.

 

Volendo fare un profilo degli italiani, è importante analizzare separatamente maschi e femmine, perché le caratteristiche sono molto diverse tra loro. Interessante anche mettere a confronto questi dati con quelli del 2014:

Gli uomini sono il 58%, il 2% in più rispetto al 2014:

  • tra questi il 43% è celibe (+2%), il 29% separato o divorziato (+2%) e il 22% coniugato (-3%).
  • La maggior parte degli uomini italiani ha tra i 45 e i 54 anni.
  • Il 58% ha un domicilio, mentre il 42% è senza dimora (nel 2014 i senza dimora erano il 40%).
  • Il 54% vive da solo (+2%), il 27% vive con la propria famiglia (-4%), l’8% vive con conoscenti (+1%) e il 7% vive in famiglia di fatto (+1%).

 

Le donne sono il 42%, il 2% in meno rispetto al 2014:

  • tra queste il 28% è coniugata (-1%), il 27% è separata o divorziata (valore pari allo scorso anno), mentre il 24% è nubile (-1%).
  • Anche la maggior parte delle donne italiane ha tra i 45 e i 54 anni, mentre nel 2014 era rappresentata tra quelle tra i 25 e i 35 anni.
  • L’88% ha un domicilio, mentre il 12% è senza dimora (nel 2014 erano senza dimora il 13%).
  • Il 56% vive con la propria famiglia (-1%), il 25% vive sola (= al 2014), il 9% convive con il partner (+2%) e il 5% vive con conoscenti (= al 2014).

Complessivamente gli italiani residenti nella provincia di Rimini che si sono rivolti alle Caritas nel 2015 sono 1.261, pari al 60% degli italiani (nel 2013 erano il 53%), tra questi coloro che sono nati nella provincia sono 310. È quindi evidente che aumenta la presenza di italiani locali in difficoltà: non si tratta più cioè solo di italiani che si spostano sul territorio riminese per cercare un’occupazione, ma sempre più, come dimostrato dalla crescita del numero di anziani, di persone in difficoltà che vivono da tempo sul nostro territorio o addirittura vi sono nate.

800 stranieri in meno in un anno, cresce la presenza dei marocchini

In un solo anno gli stranieri sono diminuiti di 800 unità e di oltre 1.300 se si considera il 2013.

Complessivamente i cittadini non italiani sono 3.991, di cui: 786 marocchini, 775 rumeni, 417 ucraini e 358 albanesi. Come mostra il grafico la situazione è molto cambiata in soli tre anni: marocchini e senegalesi sono aumentati, mentre sono diminuiti rumeni, ucraini, albanesi e tunisini.

A livello territoriale gli stranieri non sono però uniformemente distribuiti secondo le nazionalità, nelle diverse Caritas:

  • I marocchini sono più presenti a San Vito (28 persone pari al 54%), a Savignano (59 persone pari al 50%), a Villa Verucchio (31, pari al 32%), Montescudo (15, pari al 32%), Santarcangelo (59, pari al 27%), Interparrocchiale di Riccione (119, pari al 14%), diocesana (255, pari al 12%) e Cattolica (48, pari all’8%). Si tratta prevalentemente di comuni dell’entroterra, dove è più sviluppato il settore industriale. Diversi marocchini infatti, prima della crisi, erano impegnati in fabbriche e ora sono invece disoccupati.Il 62% dei marocchini ha residenza nella diocesi di Rimini, cioè si tratta di persone e famiglie che sono da tempo stabili sul nostro territorio. Il 27% degli uomini è arrivato prima del terzo millennio, mentre il 75% delle donne è presente in Italia dal 2000 al 2010. In passato erano prevalentemente gli uomini che si rivolgevano alle Caritas, anche perché erano soli sul territorio, ora invece le donne marocchine che si sono rivolte alle Caritas nel 2015 hanno raggiunto il 47% del totale di questa nazione. Si tratta in prevalenza di giovani donne (tra i 25 e i 34 anni), coniugate con bambini piccoli. Complessivamente contiamo 694 figli minori marocchini conviventi.Gli uomini hanno invece tra i 35 e i 44 anni, sono in gran parte coniugati, ma per il 38% vivono soli e per il 20% con conoscenti. Molti infatti hanno fatto rimpatriare le proprie mogli e i figli.
  • I rumeni sono diminuiti in tutte le Caritas, tuttavia la loro presenza è rimasta numericamente importante soprattutto in alcune Caritas: nella diocesana sono 429, pari al 20%, nella interparrocchiale di Riccione sono 139, pari al 16%, a Cattolica 99, pari al 16%, a Regina Pacis 16, pari al 20% e nell’interparrocchiale di via Duca degli Abruzzi sono 69, pari al 14%. Sono quindi più presenti nelle città di Rimini, Riccione e Cattolica, piuttosto che nei piccoli paesi. Molti di loro infatti sono impegnati o cercano un impiego nel settore turistico e seppure alcuni riescano a trovare lavori stagionali, questi producono un reddito insufficiente per la gestione annuale della famiglia o dell’individuo.Il 54% sono uomini e in gran parte hanno tra i 25 e i 44 anni, le donne invece hanno prevalentemente tra i 35 e i 44 anni. La maggior parte dei rumeni, sia maschi che femmine, sono coniugati, ma solo il 32% vive in Italia con un proprio familiare.Solo il 44% dei rumeni ha residenza nella diocesi di Rimini, questo perché, essendo cittadini dell’unione europea non hanno bisogno del permesso di soggiorno e, durante l’anno, spesso tornano in patria, non hanno quindi l’esigenza di prendere la residenza; tant’è vero che il 56% dei rumeni è senza dimora.
  • Anche gli ucraini sono diminuiti in tutte le Caritas, in alcune la loro presenza si è ridotta a pochissime unità o è del tutto assente. Sono tuttavia in misura maggiore nella Caritas diocesana (139, pari al 6%), nell’interparrocchiale di via Duca degli Abruzzi (69, pari al 13%), a Cattolica (49, pari all’8%) e nell’interparrocchiale di Riccione (47, pari al 5%).Le donne sono l’87% e hanno in media tra i 55 e i 64 anni, sono prevalentemente coniugate o vedove, gli uomini invece sono più giovani, tra i 25 e i 44 anni e in buona parte o coniugati o celibi.Il 40% delle ucraine è arrivata in Italia tra il 2000 e il 2005, in quegli anni ci furono ingenti ingressi di donne dell’est, perché con la caduta del regime sovietico, l’economia locale crollò lasciando tutto il Paese, in una grave situazione di povertà; così le donne arrivarono in Italia e si inserirono nel settore dell’assistenza agli anziani, in quel periodo particolarmente fiorente. È importante precisare che tra gli ucraini il 38% è arrivato in Italia nel 2015, questo a causa dei recenti conflitti scoppiati nel Paese che hanno portato a far sì che, uomini e donne, scappino dalla propria terra. La situazione in Italia è però molto cambiata rispetto al 2000 e se in passato le donne non facevano fatica a trovare lavoro, ora appena arrivate non trovano nulla e si riducono a vivere in pessime condizioni.

    Solo il 40% di ucraini ha residenza nella diocesi di Rimini, è da precisare che il 30% non è in regola con il Permesso di Soggiorno e quindi impossibilitato a poter stipulare contratti di affitto o di lavoro. Tuttavia solo 35 su 416 sono privi di abitazione, perché molti ricevono ospitalità da amici o pagano posti letto in case dove convivono con connazionali; solo il 22% vive con alcuni componenti della propria famiglia in Italia.

  • Anche tra gli albanesi, che si rivolgono alle Caritas, prevalgono le donne, sono il 63%. La maggior parte degli uomini sono arrivati in Italia prima del 2000, le donne invece li hanno raggiunti a partire da quell’anno in poi. Il 77% degli albanesi è coniugato ed il 74% vive con la propria famiglia, contiamo 374 figli minori albanesi che vivono in situazione di povertà sul nostro territorio, molti in età scolare. Sono il 71% quelli che hanno residenza nella diocesi di Rimini, si tratta quindi in prevalenza di nuclei familiari inseriti da tempo nel nostro territorio che stanno affrontando un periodo particolarmente difficile. Con la perdita del lavoro alcuni (il 3%), nonostante fossero in Italia da molto tempo, non hanno più un regolare Permesso di Soggiorno e quindi si trovano in grossa difficoltà sia per la ricerca del lavoro, per la ricerca di una casa in regola, ma anche per la tutela sanitaria. Tuttavia la presenza degli albanesi sta diminuendo nelle Caritas presenti in diocesi, questo perché alcune famiglie stanno tornando in patria, altre si sono spostate in altre città di Europa e alcune sono riuscite a re immettersi nel mondo del lavoro e a superare la crisi.Le Caritas in cui sono più presenti gli albanesi sono quelle di: Bellaria (20 famiglie pari al 26%), Bellariva (18, pari al 14%) e Viserba (36, pari al 12%).
  • L’andamento nuovo e inaspettato è quello dell’aumento dei senegalesi (sono il 30% in più rispetto al 2013). Si tratta per il 69% di uomini, di cui uno su tre tra i 45 e i 54 anni, per la maggior parte coniugati, ma solo il 25% convivente con i propri familiari in Italia, gli altri o convivono con propri connazionali o vivono soli. Le donne invece hanno, per il 50% tra i 35 e i 44 anni, sono quasi tutte coniugate e convivono con i propri mariti e i figli.Su 338 senegalesi che si sono rivolti alle Caritas presenti in diocesi, 242 hanno residenza nella provincia di Rimini, di cui 134 convivono con i propri familiari, per un totale complessivo di 276 figli minori conviventi.I senegalesi si sono rivolti prevalentemente nelle Caritas di: Viserba (52, pari al 17,2%), Morciano (33, pari al 14%), Savignano (15, pari al 13%), interparrocchiale di Riccione (95, pari all’11%), interparrocchiale di via Duca degli Abruzzi (53, pari al 10%), sono quindi distribuiti in modo abbastanza equo sul territorio, perché sono presenti sia sulla costa che nell’entroterra, colpisce però il fatto che molti abbiano fatto riferimento a Caritas dove è presente il servizio di distribuzione dei vestiti, questo perché molti uomini soli, spediscono in patria indumenti per i propri familiari.
  • I tunisini sono diminuiti di 60 unità in soli due anni, per il 70% si tratta di uomini, per il 43% coniugati e per il 40% celibi. Le donne invece sono il 30% e per l’85% coniugate.Il 44% dei tunisini vive sul nostro territorio con la propria famiglia, sono presenti 153 i figli minori conviventi in famiglie tunisine con disagio economico.I tunisini con residenza sul territorio diocesano sono il 43%.

Complessivamente gli stranieri residenti nella provincia di Rimini sono 1.849, pari al 46% degli stranieri che si sono rivolti alle Caritas presenti in diocesi. I nuclei familiari che vivono sul territorio sono 1.880, in questi vivono 2.422 minori per la maggior parte marocchini, albanesi, rumeni e senegalesi.

La maggior parte degli stranieri ha un regolare permesso di soggiorno

La maggior parte degli stranieri che si rivolgono alle Caritas presenti sulla diocesi di Rimini, ha un regolare Permesso di Soggiorno; si tratta, cioè, di immigrati che sono da tempo sul territorio italiano, che fino a poco tempo fa avevano una casa e un lavoro.

Negli ultimi due anni però abbiamo riscontrato un leggero aumento di coloro che sono diventati irregolari, cioè di coloro che, nonostante siano da molto tempo in Italia, hanno perso i requisiti per poter avere il Permesso di Soggiorno e quindi risultano irregolari sul territorio italiano. In questa condizione ci sono, seppur con piccole percentuali: ucraini, marocchini, albanesi e moldavi.

Famiglie sempre più povere

Come mostra il grafico, coloro che sono maggiormente in situazione di povertà sono le persone coniugate; il 70% delle quali vive sul territorio con i propri familiari, possiamo quindi affermare che coloro che stanno pagando di più le conseguenze della crisi e vivono in condizione di povertà, sono le famiglie. Convivono in famiglia il 49% degli italiani e il 47% degli stranieri.

Sono 20 le Caritas in cui la percentuale dei coniugati supera il 50%, tra queste, in cinque, oltrepassa addirittura il 70% trattasi di: Sogliano con 25 coniugati (76%), Savignano con 88 (75%), Viserba (215 coniugati), Bellaria (55 coniugati) e Angeli Custodi (15 coniugati), rispettivamente con il 71%.

Cresce la percentuale dei celibi e nubili, in due anni sono aumentati dell’1,3%, trattasi prevalentemente di italiani (35%), marocchini (27%), rumeni (20%). Interessante notare che non tutti vivono soli: sono in questa condizione il 53% dei celibi o nubili, mentre vivono con conoscenti il 17%, il 16% con propri familiari ed il 10% convivono con il proprio partner. Questa moltitudine di convivenze è molto mutata rispetto al passato, quando le persone celibi vivevano prevalentemente da sole.

Stabile rispetto al 2014, ma in crescita rispetto al 2013 (dell’1%), la presenza dei separati. Il 54% dei separati sono uomini, per la maggior parte italiani o rumeni. La maggior parte dei separati vive da solo (51%), i rimanenti o sono tornati a vivere con la propria famiglia d’origine, oppure vivono con i figli senza partner. Su 555 separati il 61% è rappresentato da italiani (di cui residenti nella diocesi di Rimini il 56%), per il 60% si tratta di uomini. Per quel che riguarda i separati stranieri, il 58% è rappresentato da donne, prevalentemente rumene o ucraine, e solo il 38% ha residenza sul territorio riminese.

L’andamento dei divorziati è simile a quello dei separati, con la sola differenza che la percentuale delle donne è maggiore, esse rappresentano il 53% e sono in prevalenza straniere, anche in questo caso primariamente rumene e ucraine. Gli italiani divorziati residenti nella zona di Rimini sono il 58%: questo perché si tratta in maggior parte di donne, di cui circa un terzo con figli minori conviventi.

Cresce la presenza di coloro a cui è morto il coniuge, in quanto è cresciuta la percentuale di persone anziane che si rivolgono alle Caritas di Rimini. Tra i vedovi prevalgono le donne che sono l’87%, delle quali il 60% è straniera, per la maggior parte ucraina. Il 58% dei vedovi ha residenza sul territorio della diocesi di Rimini; i rimanenti hanno residenza in altre città dell’Emilia Romagna, oppure hanno mantenuto la propria residenza nella Nazione di provenienza.

La maggior parte vive in una casa, ma aumentano coloro che sono in strada

2015 2014
Abitazione n % n %
Casa in proprietà 304 5.0 328 4.7
Casa in affitto da privato 2.673 44.0 3.272 46.9
Casa in affitto da ente pubbl. 441 7.3 474 6.8
Casa in comodato 171 2.8 194 2.8
Ospite di amici/conoscenti/parenti 394 6.5 435 6.2
Coabitazione con il datore di lavoro 48 0.8 58 0.8
Alloggio legato al servizio prestato 23 0.4 37 0.5
Privo di abitazione 1.340 22.0 1.332 19.1
Domicilio di fortuna 401 6.6 528 7.6
Roulotte 105 1.7 109 1.6
Casa abbandonata 33 0.5 29 0.4
Dorme in macchina 38 0.6 56 0.8
Altro 48 0.8 48 0.7
(Non specificato) 60 1.0 78 1.1
Totale 6.079 100 6.978 100

Che le situazioni di povertà siano sempre più gravi è dimostrato dall’aumento di persone prive di casa: in un solo anno sono aumentate del 3%, pari a 1.815 persone.

Diminuite della medesima percentuale le persone che vivono in affitto.

A fronte della diminuzione complessiva di persone che si sono rivolte alle Caritas, c’è però un aumento di realtà sempre più drammatiche, caratterizzate da un’assenza di casa, da solitudini e da mancanza di occupazione.

 

Volendo analizzare i dati più nel dettaglio, è interessante comprendere chi sono coloro che hanno una casa e coloro che invece ne sono sprovvisti.

  • Vivono in una casa di proprietà 304 persone, pari al 5% di tutti gli assistiti del 2015. Nell’83% dei casi si tratta di famiglie italiane; in crescita la percentuale di stranieri (prevalentemente albanesi, marocchini, senegalesi e tunisini). Il Centro che ha incontrato il maggior numero persone con casa in proprietà è lo sportello del Fondo per il Lavoro (59 persone, pari al 22%), con minor presenza numerica, ma significativa rappresentazione percentuale, le Caritas di: Corpolò e Montescudo con il 28%, San Giovanni in Marignano con il 12%, Celle con l’11% e due di Riccione (Santi Angeli custodi 19% e San Martino 11%).È da precisare che molti di coloro che hanno dichiarato di avere casa in proprietà hanno ancora il mutuo da estinguere e quindi non solo faticano nel pagare le rate, ma alcuni, che sono in disagio economico da diversi anni, rischiano addirittura di rimanere privi di una casa.
  • La maggior parte delle persone che si sono rivolte alle Caritas, seppur diminuite del 2,9% rispetto al 2014, vivono in una casa in affitto: sono passate da 3.272 a 2.673 nel 2015. Nel 75% dei casi si tratta di persone straniere, per la maggior parte marocchine (472, pari al 60% dei marocchini), albanesi (278, pari al 78%), senegalesi (234, pari al 69%), rumene (229, pari al 30%) e ucraine (223 pari al 53%). Il 64% sono coniugati, il 16% celibi o nubili e il 13% separati o divorziati.È notevolmente aumentato il numero delle famiglie che nel 2015 hanno dichiarato di non pagare il canone di affitto da mesi, tra queste 91 ci hanno dichiarato di avere ricevuto l’ingiunzione di sfratto.
  • 441 persone (pari allo 0,5% in più rispetto al 2014), abitano in casa in affitto da ente pubblico: nel 68% dei casi si tratta di italiani, tra gli stranieri prevalgono marocchini, senegalesi e tunisini, nella maggior parte (75%) coniugati che vivono con la propria famiglia e i figli minori, mentre tra gli italiani prevalgono coloro che vivono soli e sono o celibi, o nubili, o separati, o divorziati, mentre i coniugati sono il 26%.
  • Sono prive di abitazione 1.815 persone che rappresentano il 23% degli italiani assistiti ed il 21% degli stranieri. La minor presenza di immigrati in strada è dovuta al fatto che spesso, se la situazione di assenza di casa si protrae per lungo tempo, questi tornano in patria, mentre l’italiano continua, suo malgrado, a vivere in strada non sapendo dove andare. Gli italiani sono prevalentemente celibi o separati, mentre gli immigrati sono per di più celibi o coniugati, ma non conviventi con il partner.

Chi sono i senza dimora?

2015 2014
Dimora abituale n % n %
Ha un domicilio 4.189 68.9 5.002 71.7
E’ senza dimora 1.815 29.9 1.939 27.8
Altro 28 0.5 17 0.2
(Non specificato) 47 0.8 20 0.3
Totale 6.079 100 6.978 100

Il 22% dei senza dimora sono donne, non sono quindi solo gli uomini quelli che vivono in strada.

Le donne (385) sono per il 74% straniere, prevalentemente rumene, ucraine e bulgare; hanno in media tra i 45 e i 64 anni. La maggior parte vivono con conoscenti, amici o con il proprio partner. Solitamente le donne non vivono in strada, ma in rifugi di fortuna, in stazione, in camere d’albergo, residence a basso costo, ma soprattutto presso case di amici o conoscenti che le ospitano per breve periodo, oppure nei dormitori, siano essi appartenenti alla Caritas o alla Ass. Papa Giovanni XXIII.

Gli uomini complessivamente sono 1.416, per il 64% stranieri, in gran parte rumeni, marocchini, tunisini, pakistani e nigeriani, prevalentemente tra i 35 e i 44 anni. Il 77% degli uomini privi di dimora vive in strada da solo, i rimanenti con conoscenti e pochissimi con la propria partner o con dei familiari. Gli uomini spesso dormono in stazione, nei parchi, nelle barche, in spiaggia, nelle case abbandonate, raramente nella propria auto, nel caso sia rimasta di propria proprietà.

Su 607 italiani senza dimora, 44 sono sprovvisti di residenza anagrafica: questo implica che, pur essendo cittadini nati in Italia, non avendo alcun tipo di residenza, non sono tutelati a livello giuridico e, a livello socio sanitario, non possono godere della giusta assistenza se non di tipo emergenziale o una tantum. Tra coloro che sono senza dimora il 13% (232) è iscritto all’ufficio anagrafe di un comune della diocesi di Rimini, di questi 136 nel comune capoluogo. Gli altri provengono in gran parte dal territorio regionale, dalle Marche, dalla Puglia, dalla Lombardia, dal Piemonte, dalla Campania e dalla Sicilia; molti anche coloro che, essendo stranieri, hanno residenza all’estero. Per ulteriori informazioni sui senza dimora a Rimini, guarda i risultati della ricerca effettuata sul campo da tre studenti universitari della Facoltà di Sociologia di Forlì.

Aumentano disoccupati, pensionati e disabili

2015 2014 2013
Condizione professionale n % n % n %
Disoccupato/a 4.422 72.7 5.029 72.1 4.904 65.8
Occupato 611 10.1 707 10.1 751 10.1
Pensionato/a 323 5.3 343 4.9 310 4.2
Casalinga 299 4.9 312 4.5 267 3.6
Altro 151 2.5 178 2.6 234 3.1
Inabile parziale o totale al lavoro 142 2.3 152 2.2 101 1.4
Studente 36 0.6 33 0.5 34 0.5
In servizio di leva o servizio civile 0 0.0 0 0.0 1 0.0
(Non specificato) 95 1.6 224 3.2 853 11.4
Totale 6.079 100 6.978 100 7.455 100

Negli ultimi anni è rimasta stabile al 10% la percentuale di coloro che pur avendo un’occupazione si rivolgono alle Caritas di Rimini, perché hanno stipendi troppo bassi o lavori precari non in grado di soddisfare il fabbisogno personale o della famiglia. Gli occupati rappresentano il 7% degli italiani e l’11% degli stranieri. Le professionalità nelle quali sono maggiormente impegnati sono: nel settore dei servizi alla persona (badanti, colf, addetti alle pulizie); in piccole o grandi aziende come operai, magazzinieri; nel settore turistico, ma prevalentemente solo nel periodo della stagione estiva e in quello agricolo, ma anche in questo caso solo in base hai periodi di raccolta o di semina.

 

Sono cresciuti invece i disoccupati (72,7%, pari al 7%in più rispetto al 2013), i pensionati (+1%) e gli inabili al lavoro (+1%).

Sono disoccupati il 76% degli stranieri ed il 67% degli italiani; rispetto al genere gli uomini sono il 57% e le donne il 43%. Per quel che concerne la nazionalità dei disoccupati prevalgono rumeni, marocchini, ucraini, albanesi e senegalesi. Rispetto alla classe di età è utile distinguere i disoccupati italiani da quelli stranieri: i primi hanno in media tra i 45 e i 54 anni, i secondi tra i 35 e i 44. Sono 1.831 i disoccupati che vivono con la propria famiglia o convivono con il partner e i figli, questo implica che oltre 1.800 famiglie sul territorio della diocesi di Rimini vivono in condizioni di povertà. I disoccupati che vivono da soli sono 1.615 e quelli con conoscenti 779.

Tra i disoccupati le professionalità prevalenti sono quelle nell’ambito dei servizi di assistenza alla persona, edile, turistico/alberghiero, industriale, trasporti, agricolo, artigianato; ma sono presenti anche 65 persone con qualifiche alte come ingegneri, architetti, imprenditori edili, amministratori del personale, impiegati, dirigenti, direttori, piloti, hostess.

 

Cresce la presenza dei pensionati, il 47% vive con i propri familiari ed il 44% da solo, l’aumento dei pensionati presso gli sportelli Caritas trova spiegazione nel basso reddito percepito e nelle difficoltà familiari, diversi infatti vivono con figli disoccupati o con figli disoccupati e separati che devono pagare il mantenimento all’ex moglie e ai figli. Tra i pensionati ci sono anche quelli che si rivolgono alle Caritas perché completamente soli e quindi richiedono non solo un sostegno di tipo alimentare, ma anche un rapporto di tipo umano relazionale.

 

L’aumento di persone inabili al lavoro è iniziato in concomitanza con l’inizio degli effetti della crisi nel 2009. Le persone con disabilità, siano essa fisiche o psichiche, faticano nell’inserirsi nel mondo occupazionale. Lo Stato italiano utilizza molto spesso lo strumento delle borse lavoro, ma queste durano per periodi brevi, occupano poche ore della giornata e non garantiscono uno stipendio in grado di soddisfare i bisogni primari della persona. Con la crisi economica molte aziende che usufruivano delle borse lavoro o che avevano assunto persone con la legge 68/99 dell’art. 18 della Costituzione, hanno sospeso le assunzioni e queste persone si sono ritrovate in grosse difficoltà, non solo economiche, ma anche di tipo relazionale: il mondo del lavoro aiuta ad uscire da casa, a mettersi in relazione con le persone; l’assenza del lavoro provoca quindi anche un ulteriore isolamento per coloro che sono disabili.

Situazioni sempre più problematiche

2015 2014
Problemi n % persone n % persone diff.%
Problemi economici 6.524 107.3 6.356 91.1 2.6
Problemi di occupazione/lavoro 5.686 93.5 5.597 80.2 1.6
Problematiche abitative 3.333 54.8 3.111 44.6 7.1
Problemi familiari 2.176 35.8 2.048 29.3 6.3
Problemi legati all’immigrazione 825 13.6 846 12.1 -2.5
Problemi di salute 694 11.4 586 8.4 18.4
Altri problemi 693 11.4 670 9.6 3.4
Problemi di istruzione 471 7.7 483 6.9 -2.5
Handicap/disabilita’ 246 4.0 234 3.4 5.1
Dipendenze 238 3.9 172 2.5 38.4
Detenzione e giustizia 195 3.2 152 2.2 28.3
Totale 21.081 346.8 20.255 290.3 4.1

In un solo anno sono notevolmente peggiorate le situazioni delle persone assistite.

Al primo posto risultano i problemi economici, non si tratta solo, come in passato, di problemi relativi all’assenza totale o parziale del reddito, ma anche a una cattiva gestione di questo (97 persone hanno dichiarato di essere in una situazione di indebitamento dovuto o all’acquisto di una casa o all’avvio di un lavoro in proprio; pochissimi quelli che hanno ammesso di avere sperperato denaro a causa di dipendenze, anche se pensiamo essercene di più di quelli che lo hanno dichiarato).

Il 93% delle persone incontrate nel 2015 ha affermato di avere problemi relativi al lavoro, in 4.422 casi si tratta di disoccupazione, 333 di lavoro precario o sottoccupazione, 99 hanno dichiarato di lavorare o aver lavorato in nero e 67 sono in cassa integrazione.

In crescita del 7% i problemi relativi all’abitazione: 1.975 coloro che hanno dichiarato di essere privi di un alloggio, 427 vivono in un abitazione precaria o malmessa, 298 hanno trovato soluzioni temporanee come residence o alberghi, 117 hanno ricevuto o sono a rischio sfratto.

Aumentate del 6% le problematiche relative alla famiglia, in particolar modo in riferimento alle persone di cittadinanza italiana. I casi problematici di separazione o divorzio sono 567; quelli di conflitti tra familiari sono 380; le realtà dove sono presenti familiari con problemi di salute che necessitano assistenza sono 219; le situazioni in cui la morte di un familiare ha provocato ulteriori problemi alla famiglia o alla persona sono 139; quelli in cui non si hanno le possibilità economiche di gestire le spese per un bambino piccolo sono 138; i casi di violenza sono 47 e 14 le situazioni in cui la persona è fuggita da casa.

I problemi relativi all’immigrazione fanno riferimento alla mancanza del Permesso di Soggiorno o all’impossibilità di rinnovare tale documento per l’assenza di reddito, casa e occupazione (172) e alla difficoltà di sostenere il nucleo familiare rimasto in patria o fatto rimpatriare per l’assenza di reddito (46 coloro che ci hanno dichiarato di aver fatto rimpatriare i familiari).

In aumento del 18% le problematiche relative alla salute: diversi i casi di patologie post traumatiche dovute o a incidenti stradali o sul lavoro (101 casi); in aumento le situazioni dove è presente un familiare con problemi di depressione o lo stesso assistito ha tali problematiche (106 casi); elevati i problemi legati a malattie cardiovascolari (80), numerosi anche i tumori, sia propri che di familiari (63); diversi anche problemi quali: diabete, malattie infettive, malattie renali, malattie mentali, malattie respiratorie e altre.

Nella voce “altri problemi” le situazioni maggiormente segnalate sono: solitudine (449 casi), problemi psicologici e relazionali (114), violenze, furti subiti, aggressioni (67).

I problemi di istruzione riguardano la mancanza di conoscenza della lingua italiana (360 persone), l’essere analfabeti (83, quasi tutti immigrati provenienti da Paesi in situazione di conflitto da anni), l’abbandono o il ritardo scolastico (29). La diminuzione di tali problematiche è dovuta a un minor ingresso di stranieri appena arrivati in Italia, che si sono rivolti alle Caritas.

In aumento del 5% i casi relativi alla disabilità, in quanto gli assegni di accompagnamento hanno importi troppo bassi per il sostentamento della persona e le occasioni lavorative, dall’inizio della crisi ad oggi sono notevolmente diminuite per coloro che dovrebbero essere tutelati dalla legge 68/99 dell’art. 18.

Con un incremento del 38% salgono anche le problematiche relative alle dipendenze, anche se comunque restano sottostimate, in quanto molte persone faticano nell’ammettere questa fragilità. 96 i casi di dipendenza da alcol, 46 quelli da droga, 35 gli ex dipendenti, 18 quelli da gioco e 6 da farmaci, 57 le famiglie in cui è presente un componente con problemi di dipendenze. Da sottolineare che in questa variabile è molto evidente la differenza tra italiani e stranieri, i secondi sono più numerosi per quel che riguarda l’alcol, mentre gli italiani per tutte le altre situazioni.

In crescita del 38% anche le problematiche relative alla giustizia, si tratta per la maggior parte dei casi (88) di ex detenuti che faticano a rimettersi nel mondo del lavoro e di conseguenza a mantenere un alloggio; crescono però anche i casi di familiari che sono agli arresti domiciliari o in carcere (28); ci sono anche 23 persone che sono libere, ma con procedimenti penali in corso.

Le risposte delle Caritas

2015 2014 2013
Intervento Persone Interventi Persone Interventi Persone Interventi
Ascolto 6.079 39.962 6.978 41.391 7.455 20.068
Viveri 2.481 18.996 2.956 19.947 3.379 22.025
Viveri a domicilio 101 2.091
Pasti in mensa (Diocesana+Riccione+Cattolica) 120.359 123.975 107.973
Buoni per acquisti supermercati 134 € 4.396 57 € 2.155 64 € 2.135
Alimenti e prodotti per neonati 145 710 177 1.882 150 583
Indumenti 3.178 10.738 3.177 11.665 3.660 12.845
Docce 1.056 12.130 989 11.344 1.140 8.148
Alloggio/pronta accoglienza 741 10.433 736 10.556 889 10.079
Alloggio/seconda accoglienza 10 1.562 21 2.985 35 4.858
Mobilio, attrezzatura per la casa 29 29 45 47 52 61
Lavoro 86 86 72 72 52 56
Mezzi di trasporto 32 32 1 1 3 7
Sussidi economici 1.621 € 193.580 1.377 € 199.497 511 € 121.012
Attrezzatura, strumenti di lavoro 7 7 1 1 2 3
Materiale scolastico 65 132 66 101 43 62
Farmaci 253 503 209 420 136 262

Nonostante il numero delle persone incontrate nel 2015 sia diminuito, quello degli interventi è stato molto consistente, soprattutto se si considera la media di ciascuno:

  • ogni famiglia ha ricevuto in media 7 pacchi viveri, contro 5 dell’anno precedente;
  • ogni persona è stata accolta in media 14 notti per dormire, contro le 11 del 2013;
  • in media le persone hanno pranzato presso la Caritas diocesana 23 volte, contro le 21 del 2014 (da precisare che la Caritas diocesana ha preparato 97.055 pasti, in aumento di 650 rispetto al 2014, mentre le Caritas di Cattolica e Riccione, hanno distribuito meno pasti in quanto hanno modificato i criteri di accesso);
  • in media ciascuna persona ha effettuato 11 docce all’anno, contro le 7 del 2013.

I dati mostrano quindi come le condizioni delle persone e delle famiglie che si sono rivolte alle Caritas siano molto peggiorate rispetto al passato. È stato incrementato il servizio della distribuzione dei pacchi viveri a domicilio, in quanto sono aumentate le persone anziane o malate in difficoltà. Dodici parrocchie hanno preso accordi con supermercati e negozi, per poter ricevere alimenti in fase di scadenza o rovinati, ma commestibili, o hanno fatto convenzioni per poter far acquistare prodotti freschi o per l’igiene personale e della casa attraverso lo strumento dei buoni spesa, in modo da integrare i pacchi viveri che, spesso, sono costituiti solo da alimenti confezionati o in scatola.

Importanti anche gli aiuti economici che sono stati dati alle famiglie e che hanno riguardato principalmente quote di affitti, utenze, spese sanitarie, scolastiche, viaggi, pratiche burocratiche e altro per poter permettere alle persone di lavorare (rinnovo patente, assicurazione auto, acquisto di un motorino usato…).

 

I problemi legati all’aspetto sanitario si riscontrano anche dall’aumento di donazioni di farmaci: 503 a 253 persone contro i 420 a 209 persone nel 2014.