Lavori socialmente utili
La cooperativa Madonna della Carità e il Tribunale di Rimini il 18 gennaio 2011 hanno firmato la prima convenzione (la successiva firmata nel 2014), secondo la quale il giudice, ai condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, concede la possibilità di convertire la pena detentiva, con lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità. Secondo il Tribunale è opportuno promuovere una maggiore applicazione dell’istituto, nell’ambito di un progetto condiviso tra tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti e mirato a valorizzare le finalità preventive e rieducative connesse con lo svolgimento di un’attività non retribuita a favore della collettività.
Obiettivi:
1. Aiutare la persona a scontare la pena in modo rieducativo mettendo la propria attitudine al servizio dei poveri, cercando di mostrare loro come si possa avere una “seconda” possibilità;
2. Aiutare la persona a comprendere il valore delle regole nel rispetto del prossimo e della comunità di appartenenza
Per poter svolgere lavori di pubblica utilità è necessario prendere contatti con l’Ente Convenzionato per fissare un colloquio alfine di conoscere le attività, capire gli ambiti che più interessano (qualora nell’Ente ve ne sia più di uno), e verificare le esigenze della struttura; al termine del colloquio, il referente dell’Ente convenzionato deciderà se rilasciare o meno all’imputato la Dichiarazione di Disponibilità, documento necessario per l’avvio ai Lavori di Pubblica Utilità.
Nel 2015 sono state rilasciate 25 dichiarazioni di disponibilità (contro le 19 del 2014); mentre hanno iniziato e portato a termine il servizio 15 persone, di cui alcune avevano presentato domanda nel 2014 .
Dei 25 che hanno fatto richiesta nel 2015, 23 sono uomini e 2 donne, la maggior parte di nazionalità italiana (19 italiani, 2 ucraini, 1 albanese, 1 peruviano, 1 polacco, 1 marocchina). Le 15 persone che hanno iniziato e concluso l’esperienza sono: 12 uomini e 3 donne, con un’età media di 32 anni (rispetto all’anno precedente l’età media si è abbassata – 37 anni nel 2014). La maggior parte non è né sposata, né separata, pochi sono coniugati e conviventi.
In media hanno svolto 80,35 ore di attività (contro le 101,23 dell’anno 2014), impiegate prevalentemente nel settore cucina (il servizio che richiede l’impegno di più volontari).
Il servizio viene scelto in base alle esigenze della struttura nel momento della pianificazione dell’orario e alla predisposizione e disponibilità dei volontari (la maggior parte è occupata).
Non è stato possibile riscontrare patologie mentali o fisiche dei volontari, né si è approfondito se fossero affetti da dipendenze da alcool o droga; tuttavia in alcuni si presume che ci fossero problemi di dipendenze.
Per la maggior parte la conoscenza della Caritas era scarsa; solo qualcuno ha dichiarato di conoscerla molto bene. Tutti hanno valutato questa esperienza molto significativa e con una discreta influenza sulle attività della vita quotidiana. Il rapporto con i volontari l’hanno definito molto buono e non hanno riscontrato particolari difficoltà nei sevizi presso i quali erano impiegati.
La metà delle persone hanno manifestato interesse all’attività di volontariato, ma per motivi prevalentemente di lavoro e tempo, non hanno proseguito l’esperienza di volontariato, una volta terminato il servizio.
Il rapporto con la Questura di Rimini, l’UEPE e con il Tribunale è ottimo, con loro vengono organizzati incontri semestrali per monitorare il servizio.